DOV’È ALFONSO?

Scoppia il giallo subito dopo la maratona di New York: nella camera 2013 dell’Hilton Midtown Alfonso Ruocco non c’è!

Per Alfonso questa gara aveva un significato grandissimo: un sogno cresciuto nel tempo, specialmente dopo la diagnosi del Parkinson. Un momento molto difficile, legato ai suoi affetti e alla corsa, come racconta l’amica e attrice Lidia Sbalchiero, anche lei malata di Parkinson, nell’emozionante videostoria che ha montato per lui.

Ho vissuto con Alfonso Ruocco di Gragnano, Napoli, odontotecnico come me, 4 giorni divertenti e 4 notti movimentate. Sì, le notti, perché il suo telefonino, con il fuso orario di New York, 6 ore indietro rispetto all’Italia, due ore dopo mezzanotte prendeva vita e lui con il suo grande cuore iniziava a condividere con i familiari le emozioni che stava vivendo.

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Alfonso ha chiuso la sua splendida gara in 4 ore e 30 minuti:

“Con la Firenze Marathon  avevo realizzato il mio sogno, fare una maratona, non avrei mai immaginato che in seguito ne avrei fatta un’altra, addirittura la New York City Marathon. Non finirò mai di ringraziare Stefano per avermi regalato questo sogno, il giorno della gara sembrava non arrivare mai e invece è già passato, è stata un’altra avventura fantastica, con tutti gli amici della spedizione organizzata dal Dott. Rosa e i miei compagni della squadra di Parkinson&Sport Stefano ed Edoardo ho trascorso giorni ricchi di emozioni.

La prima emozione quando ho visto New York, incantevole con i suoi grattaceli e al centro  il meraviglioso Central Park. Poi il grande giorno tanto atteso la partenza della maratona più bella e ambita da tutti i runner, a fianco al mitico Ghidotti e in mezzo a migliaia di corridori emozionati e gioiosi come noi su un percorso bellissimo, 42 km. e 195 m. in mezzo ad una folla che ci incitava. Ora è finita, ce l’ho fatta!

Sono stati giorni indimenticabili, ho corso con amici e per amici affetti da Parkinson, sclerosi multipla e altre patologie per comunicare a tutti quanto sia importante uscire, correre, camminare, nuotare o andare in bicicletta, in poche parole fare tanto movimento. Da questa avventura porto con me tanta voglia di migliorare in tutto e di continuare a combattere la mia battaglia attraverso lo sport, al diavolo il Parkinson, io questa vita voglio viverla fino in fondo con tutte le mie forze e cercherò di dimostrarlo a tutti con la caparbietà che ho sempre avuto.

Dopo questa esperienza bellissima, anche grazie alle persone con cui l’ho vissuta, che come me vivono una malattia o una disabilità, ho capito che posso e voglio migliorare, sia per me stesso che per chi mi vuole bene, degli aspetti del mio carattere che ho da sempre ed altri che credo di aver assunto con il Park, mi impegnerò a riordinare la confusione di cose che fanno di me una persona a volte distratta, tenebrosa, irascibile anche quando non serve e quindi ho capito che voglio e devo ritrovare la mia persona, anzi rinnovare come mi ha detto Stefano: ‘Tu ritorni a casa dall’America e sarai il nuovo Alfonso 3.0.’

Grazie a Stefano, Edoardo, Mariella e tutti i simpatici amici che mi hanno accolto con grande gentilezza, che hanno fatto parte del gruppo organizzato da Rosa Associati, per questa bella avventura”.

Il racconto della gara nelle puntate precedenti.                                     

Grazie New York tornerò

New York la maratona più lunga del mondo

Nelle settimane prima della gara, Alfonso, più volte mi aveva detto: “Faremo una bella gara insieme, ma dovrai aspettarmi”. Sapeva che il mio intento era di godermi questa gara unica tra le vie e la gente di New York, che la mia preparazione era approssimativa e da tempo il cronometro per me era solo un sistema di controllo e non qualcosa con cui sono in continua sfida. 

Ma solo alla fine ho capito cosa significava quel ‘dovrai aspettarmi’.

LA COLAZIONE A SCROCCO

Abbiamo vissuto il pregara, dalla sveglia alla partenza, fianco a fianco, iniziando dalla colazione alle 5 con tanto di conto non pagato nella hall dell’albergo. ‘Ragazzi, la colazione la pago io con la mia carta di credito‘ aveva detto la sera prima, eravamo io lui e Alberto Belli, tutti avevamo già finito i dollari.

Alfonso al momento di digitare il pin della carta, con una fila interminabile di gente che aspettava il proprio turno per pagare, è andato sicuro ma niente, al terzo tentativo andato a vuoto ha cominciato a guardarmi, ma io non avevo con me la carta di credito.

Risultato, una brutta faccia, con commento in inglese che non abbiamo capito ma immaginato, dell’inserviente che stava dall’altra parte del banco e uno scontrino insoluto in mano, con promessa di pagamento posticipata e un bella risata di tutto il gruppo sul pullman che ci portava al battello.

L’ALBA SU NEW YORK E IL VILLAGE

All’imbarco per Staten Island ci aspettava una fantastica alba che ci ha accompagnato nella navigazione sotto il ponte di Brooklyn e davanti alla Statua della Libertà fino all’arrivo. Ci siamo incamminati insieme dentro il cordone di polizia fino al Village, un immenso spazio organizzatissimo con distribuzione di tè caldo, bibite, bagel e waffle al miele.

Ci siamo tenuti d’occhio per non perderci tra la folla di atleti nelle 4 ore circa passate prima della partenza cercando e trovando un posto per sdraiarci, scaldati da un splendido sole per non affaticare le gambe prima del tempo.

Muovendoci In mezzo a 65.000 runner che si spostavano in sciami colorati provenienti da ogni parte del mondo, tra la consegna del sacchetto con l’abbigliamento che avremmo trovato all’arrivo, gli innumerevoli wc chimici e le zone contrassegnate da diverso colore in relazione all’orario di partenza.

Abbiamo condiviso il pre-partenza, i dubbi sulla temperatura e le tipiche domande sul cosa mi metto e cosa mi tolgo – domanda che non ha toccato assolutamente le nostre vicine di coda inglesi che hanno corso praticamente in reggiseno – fino a farci trasportare passo passo dal fiume colorato e festante che ci ha portato sul Verrazzano Bridge dove abbiamo vissuto con i brividi la cerimonia dell’inno americano cantato da tutti e il colpo di cannone che ci ha dato il via.

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Alfonso e le runners inglesi

LA PARTENZA, L’ARRIVO E IL GIALLO.

Devo tenere il mio ritmo, se mi fermo non riparto più!’ mi aveva detto qualche minuto prima del via. E infatti: dopo 300 metri ci eravamo già persi di vista. Alfonso è stato fantastico, ha impiegato circa un’ora meno di me si è goduto il suo sogno tutto di un fiato senza fermarsi mai. Mai significa nemmeno dopo l’arrivo, perché è partito da solo verso l’hotel.

Il dopo gara è stato più faticoso della gara stessa. Dopo aver ritirato la medaglia incontro Alberto Belli, un amico che ha generosamente supportato la spedizione di Parkinson&Sport ed è arrivato prima di me. Insieme raggiungiamo l’hotel, dopo una corsa in taxi di un’ora e mezza, in un traffico completamente bloccato dalla maratona che non era ancora finita.

Con un alluce gonfio, la stanchezza del dopo gara di una giornata iniziata alle 4,30 del mattino, entriamo in camera convinti di trovarci il nostro compagno di stanza.

Ma Alfonso non c’è!

Dove sarà finito? All’inizio sono tranquillo, lo immagino con la medaglia al collo, anzi due medaglie, il sorriso in volto per aver coronato il suo sogno, la tipica andatura tranquilla, la curiosità che lo ha accompagnato in questi giorni per le strade della Grande Mela.

Ma poi penso che sarà anche stanco, che con la lingua inglese è messo peggio di me, che sono una capra, e che New York City è leggermente più complicata di Gragnano.

Cosa posso fare io adesso? Non ha con sè il telefono, quindi chiamo Mariella, era in zona arrivo, saprà più o meno quando è arrivato Alfonso e avendo vissuto già varie spedizioni di questo genere so che mi sarà d’aiuto.

Lei mi conferma il suo orario di arrivo ed è pronta per mettersi alla ricerca. Intanto che parlo mi muovo nervosamente avanti e indietro, pensieri in testa, apro la porta e controllo in corridoio sperando di vederlo comparire, ma niente.

Provo una, due tre volte, e proprio quando i dubbi si stanno facendo largo, eccolo entrare nella hall. Ma guarda te: non fa una piega, con il suo passo tranquillo e la felicità stampata sul viso. ‘Ma dov’eri finito?‘ e lui con calma mi racconta che si è mosso da italiano vero, ha comunicato a gesti a passanti e poliziotti che gli hanno indicato la strada.

LA MEDAGLIA PER ALBERTO

Con l’aggiunta del percorso dall’arrivo all’hotel la sua maratona è durata almeno 50 km! Per questo si è guadagnato 2 medaglie da finisher, la prima per sé e la seconda ottenuta con maestria tutta napoletana da portare a casa per Alberto D’Auria, il suo allenatore e amico che lo ha introdotto alla corsa, che porta sempre nel suo cuore e a cui ha dedicato la sua impresa.

Bene, ci siamo tutti, ora ci possiamo rilassare. Alberto è il primo in doccia poi tocca ad Alfonso, intanto io mi rendo conto che sono ancora tutto vestito e sto tremando.

Finalmente è il mio turno, il bagno è come un campo di battaglia inondato, mi ci vuole un bel po’ di tempo sotto l’acqua bollente per riprendermi. Poi mi metto sotto le coperte, mentre ci raccontiamo della gara e scriviamo messaggi al mondo intero.

L’appuntamento per la cena di chiusura è da Serafina, che fortunatamente è vicinissima all’hotel, ci ritroviamo tutti lì alle nove: stasera finalmente birra libera!

I RINGRAZIAMENTI

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La maratona è più di una corsa, è un percorso dentro te stesso. Quella di New York è anche un grande viaggio, oltre l’Atlantico, ed è ancora più grande se hai avuto la fortuna di condividerlo con un gruppo di persone splendide, che in quei giorni come me hanno visto realizzarsi un sogno

Così, alla fine del viaggio, ho dei ringraziamenti da fare:

  • La città di New York, i newyorkesi e tutti i tifosi.
  • Il Dott. Gabriele Rosa, Mariella Faustinoni, Huber Rossi e tutti i collaboratori di Rosa Associati e del Marathon Medical Center di Brescia.
  • Il mio amico Alberto Belli e gli altri amici che hanno partecipato generosamente alla raccolta fondi della cena di luglio.
  • I compagni di Parkinson&Sport Alfonso Ruocco e Edoardo Leotta.
  • Gli sclerati di Sevuoipuoi, Maria Luisa Garatti, Marina Parisio, Luana De Grandis, Cristian Cucco, Andrea Verzeletti, Alberto Benedettini.
  • Gli amici dello IOR Istituto Oncologico Romagnolo, Monica Giunta, Elisa Ruggeri, Valter Marcelli, Cristian Galli.
  • Niccolò Vallese e Alex Toselli di Hotel Albergo Etico Asti Cooperativa sociale download.
  • Elmas s.r.l., Tec-am s.r.l., Dama sportswear, AS2O Anima Sportiva allo stato puro, Specialized, Cycle Classic, Remo e Lucia sport, Acquadream, 3T Bike, Vittoria ruote, Elleerre.
  • Airoldi Metalli, Pasticceria Picinelli, Rigamonti e Perego, Macron Store Vicenza.

Una grande avventura è finita, la maratona l’abbiamo corsa, Alfonso lo abbiamo ritrovato. Resta solo una cosa: una colazione da pagare. Ma come dice il finale di un famoso film, Nessuno è perfetto. Saldiamo l’anno prossimo.